Mirco Ungaretti

Per ricordare Mirco

Se oggi la Mirco Ungaretti ODV, la famiglia e tutti i volontari e le volontarie sono qui è grazie a tutto quello che Mirco ha insegnato nel corso della sua vita a ognuno di noi e a quanti ha incontrato nel suo cammino.
Anche chi lo abbia incontrato una sola volta non può non ricordarsi di lui, le sue doti umane e il suo carattere fatto di allegria, gioia di vivere e divertirsi, impegno sociale e aiuto per chiunque.

Dopo la sua morte mamma Marisa e la famiglia, oltre all’associazione, ha creato un libro per ricordarlo, dove è raccontata tutta la sua vita, e da cui estrapoliamo alcuni passaggi, ma l’invito è ad aprirlo e leggerlo.

Sono nato il 2 luglio 1975 a Lucca, bellissima città della Toscana, nella clinica di Santa Zita, gestita da suore che portano lo stesso nome le “zitine”. L’istituto è stato fondato da Suor Elena Guerra col nome di “Oblate dello Spirito Santo”. Era un mercoledì e alle ore 18:45 sono venuto al mondo per la gioia di mamma, papà, nonni e zii. Ero un bel maschietto di kg. 3,650 lungo 55 cm. Avevo fame ma il latte di mamma era poco, così dovettero allattarmi con il latte artificiale. Ma che importa sono cresciuto lo stesso……. Anzi adesso sono alto m.1,85……penso che basti!

Il 2 luglio 1993 compii 18 anni e la sera feci una bella festa a casa mia. Invitai tutti i miei compagni di classe, mia madre preparò una bella cena e mio padre attaccò le bandierine e i palloncini sotto la veranda. Fu proprio una bella serata!
Ma la mia felicità durò poco, perchè pochi giorni dopo, mio padre si sentì male e venne portato in ospedale, dove due giorni dopo morì. Era il 10 luglio 1993.
Fu una tragedia per tutta la nostra famiglia, non eravamo preparati ad affrontare tutta quella sofferenza; dalla luce solare eravamo caduti nel baratro più buio e profondo.
Quella notte quando mamma tornò dall’ospedale Stefano ed io eravamo a letto, ma la sentimmo rientrare; siamo corsi da lei ci siamo abbracciati tutti e tre e abbiamo pianto non so quanto.

Nel marzo 1994, circa un anno dopo la morte di mio padre, alla Misericordia di Lucca veniva fatto il corso di “volontario soccorritore”, cioè ti insegnavano a prestare soccorso alle persone bisognose e ad andare sopra un’ambulanza.
Tornando da scuola lo dissi a mamma e lei mi chiese se non avessi già sofferto abbastanza, ma io avevo già la risposta pronta e le dissi che proprio perchè papà non c’era più volevo fare il volontario e aiutare gli altri inoltre mi sarebbe piaciuto
anche imparare a guidare l’ambulanza.

Così cominciò la mia avventura come volontario: trascorsi tutta l’estate a portare avanti e indietro i malati da un ospedale all’altro. Anche lì raccolsi i miei frutti: riuscii a fare tutte le ore sull’ambulanza per poter prendere anche la patente di
“autista soccorritore”. In quegli anni trovai anche il lavoro, così mi dividevo tra lavoro, casa e volontariato.
Il tempo trascorreva veloce e dopo la morte di papà nella nostra casa sembrava essere tornata un po’ di serenità, una forza per andare avanti.

La mia vita era una macchina in continuo movimento. Nel frattempo continuavo anche a fare l’allenatore di calcio. Facevo parte dell’u.s. Pieve San Paolo, dove avevo un gruppo di ragazzi dell’anno 1994. Li avevo presi da piccoli e li ho portati su fino alla quinta elementare. Con loro ho vinto diversi tornei calcistici; avevo formato un gruppo affiatato anche con le loro famiglie, infatti spesso ci trovavamo tutti insieme per fare delle gite o delle passeggiate nei boschi. Successivamente arrivarono i ragazzi del 1998; anche loro erano piccoli, ma con una grande voglia di imparare a giocare, crescere e nello
stesso tempo acquisire valori di vita.

Sempre nel 2005 partecipai con i miei confratelli al XXIV Congresso Eucaristico Nazionale svoltosi a Bari dal 21 al 29 maggio. Portammo assistenza ai tanti pellegrini venuti non solo dall’Italia ma anche dall’ estero. In questo periodo, mi innamorai di una ragazza, anche lei volontaria della Protezione Civile, che abitava in Sicilia. La distanza era molta, ma noi trovammo modo e maniera di far crescere il nostro amore. Intanto nella nostra casa di Guamo si svolgevano i lavori di ampliamento. Fu così che mi fidanzai con Valeria, così si chiamava la volontaria della Protezione Civile di Catania.

Nel 2006 Valeria venne ad abitare a Lucca; trovai un piccolo appartamento in città, dove andammo ad abitare. In seguito arrivò anche il lavoro ed eravamo felici. Decidemmo di sposarci il 14 ottobre dello stesso anno. Intanto mi davo da fare per finire la nostra casa nuova. Tutti i miei familiari erano contenti della decisione presa. Nel frattempo portavo avanti anche gli allenamenti con i miei ragazzi; quell’anno furono particolarmente bravi. In quell’estate ci furono anche i preparativi per il mio matrimonio.

In una notte di aprile ci fu il grande terremoto nella città dell’Aquila e dintorni. Presi il telefonino chiamai mia madre e le disse che era venuto il terremoto in Abruzzo e dovevo partire. Mi aiutò a preparare la borsa, il sacco a pelo e le maglie pesanti. Salutai Valeria e mia madre, poi partii alla volta di Firenze dove si trovava la sala operativa; lì c’erano già altri volontari che mi stavano aspettando per dare nuove comunicazioni alle altre Misericordie sparse in tutta Italia.
Arrivati in Abruzzo, ci recammo nel paese assegnato, perchè il terremoto era di una vastità enorme. Non solo la città era stata colpita, ma anche tanti paesi sparsi sulle montagne. Con un gruppo di volontari montammo le prime tende nel paese di Bazzano; il nostro grande camion si trasformò in una sala operativa viaggiante.
Che disastro!

Il giorno dopo vidi mia madre un po’ nervosa e le domandai: Mamma cosa hai? Lei mi rispose: Non lo so Mirco sono agitata non sono tranquilla, ho qualcosa che mi pesa dentro. La domenica passò tranquilla; andai con Valeria a fare una passeggiata a piedi alle Parole d’Oro, poi passammo dalla scuola a votare, perchè c’erano le votazioni comunali. Siamo tornati a casa per cena e ho chiesto a mia madre se c’erano dei tortelli nel congelatore. Mi madre mi rispose di si e li preparò: erano quelli fatti a mano e io ne andavo matto. Non erano molti,ma ce li siamo divisi un po’ per uno, poi abbiamo mangiato un po’ d’insalata. Poi ci siamo messi a sedere fuori al fresco; ero tranquillo anche se nei giorni passati mi ero arrabbiato con un responsabile della Protezione Civile che mi aveva portato a prendere una decisione per me dolorosa. Ma quella domenica non ci volevo pensare; Stefano era venuto con Elena ed erano contenti e felici della festa ricevuta. Più tardi salutai mia madre e andai a letto, perche’ la mattina dopo dovevo rientrare al lavoro… Purtroppo quella notte successe l’irreparabile; non so mi sono sentito male, Valeria è andata a chiamare mia madre…

poi il buio